La prima attestazione di una chiesa dedicata a S. Francesco è del 1233. La comunità minorita pisana crebbe rapidamente, favorita dall’appoggio del Comune e da donazioni di privati: la chiesa divenne luogo di pubblica rilevanza, sede di uno studium, di una biblioteca e di uno scriptorium.
Nel 1261 l’arcivescovo Visconti, riconoscendo l’importante ruolo dei frati predicatori, inaugurò i lavori di ampliamento della chiesa sotto la guida di Giovanni di Simone. Di rilievo la costruzione del campanile, per l’ardito sistema di imposta su un arco sospeso. Le difficoltà finanziarie legate alle vicende belliche negli anni finali del Duecento distolsero la città dall’impegno costruttivo; la chiesa risulta incompleta all’inizio del ‘300, come rivela la facciata, iniziata grazie ai marmi forniti dai Gualandi, ma completata solo in epoca medicea. Nei secoli successivi la chiesa e il convento subirono numerose ristrutturazioni: nel XV secolo furono edificati due nuovi chiostri e la cappella di S. Bernardino.
Tra Cinque e Seicento furono eretti gli altari controriformati e aperte le finestre nella navata, interventi che distrussero gli affreschi trecenteschi. La maggior parte degli arredi fu dispersa in seguito alle Soppressioni lorenesi e napoleoniche: nel Museo di S. Matteo si conserva il dossale con S. Francesco e storie attribuito a Giunta, mentre la celebre Maestà di Cimabue e le Stimmate di Giotto passarono al Louvre. Sull’altare maggiore resta il dossale marmoreo raffigurante la Madonna col Bambino e santi di Tommaso Pisano.
Nelle cappelle del transetto e in quella maggiore si trovano resti di importanti cicli ad affresco primotrecenteschi. Sul lato est della sacrestia si apre la cappella Sardi-Campiglia decorata dagli affreschi di Taddeo di Bartolo (1397), mentre nell’aula capitolare si ammira il ciclo dipinto da Niccolò di Pietro Gerini (1392).