Beato Francesco Zirano

Beato Francesco Zirano

Non conosciamo esattamente la data di nascita di Francesco Zirano, oggi beato della chiesa, ma possiamo con sufficiente probabilità indicare l’anno 1564 (ricavato da dati più certi), mentre il luogo è sicuramente Sassari, città sita nel nord dell’isola di Sardegna. 

Anche se la sua famiglia è ancora avvolta da nebbia documentale, siamo sicuri del nome della madre, Margherita, del tutto ignoto è invece quello del padre. I suoi lavorano la terra e vivono modestamente, soprattutto dopo la morte del padre, mancato piuttosto presto.

È una famiglia come tante, della quale i documenti ci riferiscono un altro particolare: mamma Margherita ha una sorella, il cui figlio, di circa cinque anni più piccolo del nostro Francesco, si farà religioso con lui nello stesso convento di Santa Maria di Betlem in Sassari. Il piccolo Francesco Zirano, riceve la prima formazione religiosa in ambito familiare. Dai genitori riceve la ricchezza della fede e l’esempio e l’invito a frequentare la chiesa.

L’infanzia del piccolo Francesco trascorre in modo normale come quella di tanti altri bambini, con una sola differenza: in un’epoca in cui l’analfabetismo è la norma, Francesco riceve un’istruzione, che non sappiamo bene dove e con quali modalità, probabilmente era proprio il convento di Santa Maria di Betlem, della città, dove i frati minori conventuali accoglievano spesso ragazzi come “fratini” e dove Francesco Zirano sarà chiamato da Dio a percorrere la via tracciata da Francesco d’Assisi.

Il giovane Francesco diventa frate

Nel 1579, a soli 15 anni, inizia il noviziato nel Convento di S. Maria di Betlem, un anno dopo emette la sua professione religiosa. Alla fine dei due trienni di scuola: quello umanistico e quello filosofico-teologico, sempre nella chiesa di S. Maria di Betlem, si consacra definitivamente a Dio. La sua comunità è quotidianamente impegnata nella vita di preghiera comune, di scuola ai frati più giovani e di servizio ai fedeli, mentre alcuni dei suoi confratelli escono spesso in città o fuori Sassari per la predicazione e per la questua. In questa comunità egli matura ulteriormente la sua vocazione al servizio e si rafforza la devozione e la fiducia incrollabile in Maria.

 

p. Francesco Zirano

Viene ordinato sacerdote il 31 maggio 1586 con l’imposizione delle mani dell’arcivescovo Alfonso de Lorca. 

Padre Francesco è veramente, in tutto e per tutto, servo di Dio e dei fratelli. Attende agli uffici del suo stato che lo vedono più presente in chiesa e a contatto con i fedeli, ma anche nell’adempimento di vari uffici conventuali a servizio dei propri confratelli tra cui quello di economo e questuante.

Fra Francesco Serra viene catturato dai corsari turchi

Durante le drammatiche vicende dei sardi catturati dai corsari turchi tra i 1557 - 1588, padre Francesco Zirano, sofre e prega per la sorte degli schiavi, tra cui Fra Francesco Serra, suo cugino, temendo soprattutto per la loro sorte spirituale. In questi anni, mentre il pensiero della liberazione dello sventurato cugino non cessa di angustiarlo, viene ancora provato fortemente negli affetti più cari con la morte di mamma Margherita.

La missione: liberare il cugino

Intanto i catturati sardi, costruivano pale d’altare negli oratori degli schiavi in Algeri, cosa che i maomettani non videro con buoni occhi motivo per il quale respingevano ogni tentativo di liberazione. A questo punto P. Zirano giunge ad una ardita soluzione: sarà egli stesso a liberare suo cugino recandosi di persona in Algeri. 

Liberare gli schiavi tramite il pagamento del riscatto richiesto, significava disporre di ingenti somme di denaro. Non avendoli, si poteva ricorrere alla questua per raccogliere il denaro, ma per questuare bisognava avere un’autorizzazione da parte delle autorità ecclesiastiche ma, non era solo la Santa Sede a concedere tale permesso, in alcuni casi erano le autorità locali a dare il loro benestare inoltre, questo permesso veniva concesso soltanto ad alcuni istituti religiosi.

 

Nella spedizione ad Algeri del 1598 liberarono 279 schiavi, di cui 37 sardi e fra questi 5 di Sassari: purtroppo fra Francesco Serra non era tra essi. A p. Francesco Zirano non resta che presentare direttamente al papa la sua richiesta per ottenere la facoltà straordinaria di questuare. 

 

La nuova logica missionaria: Liberare non solo il cugino ma anche gli altri schiavi

Ottenuto il permesso, p. Francesco Zirano, percorre le strade dell’isola incontrando tantissime persone, ricevendo offerte e dando conforto e consolazione e maturando a contatto coi familiari di altri schiavi, l’impegno a prestarsi anche per la loro liberazione, in una logica missionaria che si va più delineando e precisando.

Nella primavera del 1602, col cuore gonfio di trepidazione e di speranza, preparato tutto e comunque sostenuto dalla fede e dalla carità grande per i poveri e sventurati che va a liberare, p. Zirano è pronto per la partenza. 

Non avendo possibilità di arrivare direttamente in Africa dalla Sardegna, p. Zirano fa tappa in Spagna dove ottiene il permesso dal re Filippo III di potersi imbarcare per Algeri con fra Matteo de Aguirre, dei frati minori osservanti di Maiorca, il quale però sta partendo con un progetto politico-militare di conquista di Algeri, quindi, un progetto completamente diverso di quello di p. Zirano.  Alla fine di luglio p. Francesco arriva in terra africana, al portico di Asofon, quindi non ancora in Algeri. Ma questi giorni sono momenti politici estremamente delicati. Si è infatti alla vigilia di una guerra tra lo stato di Algeri e il re di Cuco sid Amar ben Amar, sostenuto dal re di Spagna Filippo III, di cui fra Matteo è ambasciatore.

Resosi conto della situazione, p. Zirano, travestito di mercante moro venditore di stoffe di lino, insieme a un compagno che fungerà da interprete, parte dal regno di Cuco il 18 agosto. Dopo tre giorni di cammino è sotto le mura della città corsara.

P. Zirano viene fatto prigioniero

Il primo gennaio 1603, p. Francesco Zirano viene fatto prigioniero dall’esercito di Algeri.

Il pover’uomo mezzo morto di freddo e di fame, ricoperto delle sole brache, scalzo, con una grande catena al collo e manette ai polsi, rientra in Algeri il 6 gennaio 1603, viene condotto nel carcere situato all’interno del palazzo del pascià, dove condivide la sua sorte miseranda con altri cristiani che possono consolarlo ed essere a loro volta confortati. Due giorni dopo si proclama un bando persecutorio che mira a togliere ogni spazio di libertà vietando qualsiasi pratica di fede, ordinando la distruzione di chiese e immagine di culto.

 

p. Zirano viene scambiato per l’ambasciatore del re Filippo III

 

P. Zirano viene scambiato dalle autorità di Algeri per fra Matteo de Aguirre, l’ambasciatore in Africa di Filippo III, ed è per questo che viene chiesto l’astronomica somma di 3.000 ducati (equivalente a quello di 17 schiavi) per il suo riscatto, inoltre, viene proibito a chiunque di parlargli, pena la morte.

Ma suo cugino, fra Francesco Serra, non temendo per la propria vita, approfittando del fatto che il venerdì i mori si recavano nella moschea, andò a parlargli. 

-       Fra Francesco Serra gli disse: preparati a morire perché dicono che hanno intenzione di bruciarti vivo.

-       p. Francesco gli rispose: non sono degno di Dio che mi faccia tanta grazia, piaccia alla divina Maestà che io mi veda bruciato perché sono cristiano.

Il cugino andò a parlargli una seconda volta il giorno prima dell’esecuzione. P. Francesco chiese un confessore ma nessuno si sarebbe voluto recare da lui perché c’era la pena di morte.

Arrivato il momento, la notte precedente all’esecuzione, p. Francesco Zirano, trascorse in solitudine e fervente preghiera, aspettando ogni momento la morte si raccomandò al Signore Iddio con ardentissimo dolore e contrizione dei suoi peccati, e ricorrendo per aiuto alla gloriosa Vergine Maria e al Padre San Francesco.

 

Il martirio

Comunicata la sentenza, p. Francesco Zirano, sapendo ormai la sorte orrenda che lo aspetta, in un impeto di gioia disse ad alta voce: rendiamo grazie al Signore nostro Dio, perché ha scelto me indegno servo.

Gli viene offerta la libertà a condizione di rinnegare la sua fede e farsi maomettano, al quale i turchi si sentono opporre un netto rifiuto.

Dopo essere stato spogliato dei suoi abiti, il religioso viene rivestito di una ampia camicia bianca e, con una catena al collo, viene scortato oltre porta Babason in una sorta di via della croce.

Attraversa la strada centrale di Algeri, detta “del mercato”. È una via larga più di otto metri, piena di botteghe su entrambi i lati, quel giorno più che mai stipata di gente accorsa in gran folla per così crudo spettacolo.

Il beato padre procede tra insulti e percosse, alcuni gli sputavano in faccia, altri lo strattonavano, ma il condannato non si lamenta, è concentrato nella recita ad alta voce del canto biblico “dei tre fanciulli” e non cessa di pregare mentre cammina a stento.

Suscitata forse dalla pietà, gli viene rivolta ancora una volta la proposta di rinnegare la fede, ma ingigantito di una fede suprema, il beato padre non solo dice no, ma proclama la fede cattolica come mezzo di salvezza e aggiunge di voler morire nella fede in cui è nato.

 

Ormai fuori le mura, giunto sullo spiazzo delle esecuzioni, i carnefici, denudatolo, lo legano per le mani a due pali conficcati nel terreno. Simile a Gesù p. Francesco Zirano è pronto per il martirio.

 

A questo punto gli viene offerto il terzo e ultimo tentativo di salvargli la vita purché rinneghi la sua fede. Ma anche stavolta la sua fede è incrollabile e la sua risposta ferma e inequivocabile è: Io sono cristiano e religioso del mio padre San Francesco e come tale voglio morire e supplico Dio che illumini voi perché lo abbiate a conoscere.

 

L’atroce supplizio non ha più ragione di essere procrastinato e con scientifica crudeltà si procede: il primo carnefice, che afferma di essere stato deturpato dai cristiani e di volersi perciò vendicare, lo incide con un rasoio dalla testa giù, giù, lungo la spina dorsale e dagli omeri alle mani, e quindi tutti e quattro i carnefici cominciano a strappargli la pelle. Padre Zirano sembra non sentire il dolore, rimane calmo, anzi riprende a pregare, conclude il Cantico e inizia le litanie lauretane. Tutti i presenti, sia i cristiani che i maomettani, sono meravigliati a quasi annichiliti davanti a tanto eroismo.

L’ultimo respiro

Infine, la morte lo libera dall’atroce tormento e mentre gli viene strappata l’ultima striscia di pelle, quella dell’ombelico, riesce a trovare la forza di sollevare gli occhi al cielo e di mormorare: nelle tue mani, Signore…. ed esala l’ultimo respiro.

Nella stessa ora della crudelissima esecuzione una tempesta di vento e di sabbia costringe carnefici e popolo a scappare precipitosamente, per cui il corpo rimane incustodito. Il cugino fra Francesco Serra con l’aiuto di due schiavi cristiani prende le misere spoglie e dà loro sepoltura nel cimitero cristiano, posto fuori della cinta muraria su una striscia di terra sabbiosa. Purtroppo, tale cimitero è scomparso da tempo senza lasciare traccia.

Causa di beatificazione

Il primo intento di proporre il riconoscimento del martirio per la fede di P. Zirano fu nel 1606, ma il primo vero tentativo di proporre la causa di beatificazione risale al 1731. Da allora passarono più di due secoli fino ad avere la gioia di onorarlo quale beato in cielo, il 12 ottobre 2014, da questa data non solo può essere celebrata annualmente l’Eucaristia in suo onore, specie in Sassari, Sardegna e nella famiglia francescana, ma chiunque può con sicurezza guardare a lui come modello di carità fraterna e di fede incrollabile a prova di qualunque difficoltà e sofferenza, e confidare a lui, quale amico di Dio e avvocato dal cielo, le proprie pene e difficoltà, a lui buon conoscitore di situazioni difficili e drammatiche.

 

Fonte: Francesco Zirano, M. C. Putzu, Oristano 2014

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