Beato chi decide nel suo cuore il santo viaggio
21-23 gennaio 2022
Come ogni viaggio che si rispetti, il mio è iniziato in treno.
Arrivo a Roma Termini e salgo defilato sull’Intercity diretto a Jesi, tappa intermedia prima di raggiungere il convento di Osimo. Prendo posto e al fischio del capotreno si parte. Mentre le ruote del convoglio scivolano sui binari, il mio sguardo segue lo scorrere veloce del paesaggio che da urbano si fa rurale. Roma, un po’ caput mundi e po’ Babilonia, è ormai lontana. Si fa sempre più distante il mio lavoro, la scuola nella quale insegno, la settimana appena trascorsa con le sue lezioni spesso impossibili e i suoi alunni che rendono invece possibile ogni speranza.
Le linee dolci dell’Appennino umbro-marchigiano accolgono i miei pensieri in un miscuglio di curiosità e timore, inseguendo la meta che arriva in fretta.
Scendo dall’Intercity a Jesi e aspetto fra Andrea per raggiungere il convento in auto. Sul piazzale della stazione la nebbia mi fa compagnia, avvolgendomi con il suo manto silenzioso e freddo. Intorno a me sembra non esserci anima viva, fino a quando mi accorgo di condividere l’attesa con uno dei miei compagni d’avventura e, una volta arrivato il frate, percorriamo insieme l’ultimo tratto che ci separa dall’inizio del ritiro.
In convento ci accoglie la comunità dei frati e il resto del gruppo già pronto per la cena. Sediamo a tavola e all'inizio siamo tutti un po’ ingessati, ma a scioglierci verrà in nostro aiuto il primo appuntamento che è in programma, previsto subito dopo il pasto serale, grazie al quale facciamo le reciproche conoscenze.
Sabato mattina entriamo nel vivo dei lavori con la catechesi biblica di fra Marco sulla figura di Abramo. La nostra guida ci mostra come Dio susciti nel nostro Patriarca una parola chiara: vattene, che più propriamente potrebbe significare, secondo una particolare esegesi del testo biblico: vai verso te stesso o parti verso te stesso, offrendo pertanto una chiave di lettura molto pregnante per chi inizia un serio percorso di discernimento.
La catechesi mi conduce nel cuore della preghiera personale. Mi rifugio nella chiesa adiacente al convento e, in ginocchio, chiedo al Signore cosa significhi per me questo imperativo – vattene – che pone all’inizio di ogni storia d’amore, conversione e vocazione con l’uomo di ogni tempo.
Nel pomeriggio è la volta di fra Flavio con la catechesi francescana, occasione propizia per meditare su un episodio della vita di S. Francesco conosciuto come «il sogno di Spoleto». Fra Flavio ci interroga su quali siano i desideri che albergano nel profondo del nostro cuore, invitandoci a seguire il santo di Assisi nell’interpretare i sogni in tutt’altro senso, ovvero quello di Dio.
Penso immediatamente alle mie ambizioni, ai desideri che troppe volte ho nascosto per la paura del giudizio altrui, ai sogni di gloria e successo derisi dal mio becero moralismo borghese. Forse per viltà, o forse per un senso di irrazionale inadeguatezza, non li ho mai consegnati a Dio, l’unico capace di trasformare lo sguardo e farmi leggere le cose in un altro senso.
Dopo un confronto individuale con i frati dell’equipe che ci guideranno nel percorso di discernimento, consegniamo le intenzioni della nostra preghiera a Dio durante l’adorazione eucaristica. La serata di questo secondo giorno termina nella distensione fraterna e gioiosa con i postulanti.
Siamo così giunti alla domenica mattina, dedicata alla condivisione finale e alle cosiddette “consegne” che ci aiuteranno nella vita di tutti i giorni.
Come gruppo in cammino ci siamo prefissati alcuni impegni personali e concreti da realizzare nell’hic et nunc del tempo di discernimento, consapevoli che questo periodo di grazia che Dio ha voluto donarci non può – e non deve – essere sprecato.
Dopo la santa messa domenicale, il pranzo ha il sapore malinconico e un po’ nostalgico dei minuti che precedono la partenza.
Il treno verso Roma arriva puntuale e mi dona nuovamente i luoghi che aveva mostrato all’andata. È il momento di fare memoria su quanto è stato intensamente vissuto nei tre giorni appena trascorsi. Rifletto e in cuor mio custodisco l’amicizia con gli altri compagni di viaggio, i momenti di allegria e confronto vissuti insieme, la testimonianza discreta e preziosa dei postulanti e, infine, la certezza profonda che solo in Dio vi è perfetta letizia.
Giovanni Avallone